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.Con esso io impara-va sempre qualche cosa, e tanta era la di lui bontà e tolle-ranza, che egli sapea per così dire alleggerirmi la vergognaed il peso della mia ignoranza estrema, la quale tanto piùfastidiosa e stomachevole gli dovea pur comparire, quan-to maggiore ed immenso era in esso il sapere.Cosa che,non mi essendo fin allora accaduta con nessuno dei nonmolti letterati ch io avessi dovuti trattare, me li avea fattitutti prendere a noia.E ben dovea essere così, non essen-do in me niente minore l orgoglio, che l ignoranza.Fu inuna di quelle dolcissime serate, ch io provai nel più inti-mo della mente e del cuore un impeto veramente febeo,di rapimento entusiastico per l arte della poesia; il qualepure non fu che un brevissimo lampo, che immediata-mente si tornò a spegnere, e dormì poi sotto cenere anco-ra degli anni ben molti.Il degnissimo e compiacentissimoabate mi stava leggendo quella grandiosa ode del Guidialla Fortuna, poeta, di cui sino a quel giorno io non aveaneppur mai udito il nome.Alcune stanze di quella canzo-ne, e specialmente la bellissima di Pompeo, mi trasporta-rono a un segno indicibile, talché il buon abate si persua-se e mi disse che io era nato per far dei versi, e che avreipotuto, studiato, pervenire a farne degli ottimi.Ma io,passato quel momentaneo furore, trovandomi così irrugi-nite tutte le facoltà della mente, non la credei oramai cosapossibile, e non ci pensai altrimenti.Intanto l amicizia e la soave compagnia di quell uomounico, che è un Montaigne vivo, mi giovò assaissimo ariassestarmi un poco l animo; onde, ancorché non misentissi del tutto guarito, mi riavvezzai pure a poco a po-co a leggicchiare, e riflettere, assai più che non avessi ciòfatto da circa diciotto mesi.Quanto poi alla città di Li-sbona, dove non mi sarei trattenuto neppur dieci giorni,se non vi fosse stato l abate, nulla me ne piacque fuorché131Letteratura italiana EinaudiVittorio Alfieri - Vitain generale le donne, nelle quali veramente abonda il lu-bricus adspici di Orazio.Ma, essendomi ridivenuta millevolte più cara la salute dell animo che quella del corpo,io mi studiai e riuscii di sfuggire sempre le oneste.Verso i primi di febbraio partii alla volta di Siviglia edi Cadice; né portai meco altra cosa di Lisbona, se nonse una stima ed amicizia somma pel suddetto abate diCaluso, ch io sperava di riveder poi, quando che fosse,in Torino.Di Siviglia me ne andò a genio il bel clima, ela faccia originalissima spagnuolissima che tuttavia con-servavasi codesta città sovra ogni altra del regno.Ed iosempre ho preferito originale anche tristo ad ottima co-pia.La nazione spagnuola, e la portoghese, sono in fattiquasi oramai le sole di Europa che conservino i loro co-stumi, specialmente nel basso e medio ceto.E benché ilbuono vi sia quasi naufrago in un mare di storture diogni genere che vi predominano, io credo tuttavia quelpopolo una eccellente materia prima per potersi addiriz-zar facilmente ad operar cose grandi, massimamente invirtù militare; avendone essi in sovrano grado tutti glielementi; coraggio, perseveranza, onore, sobrietà, obbe-dienza, pazienza, ed altezza d animo.In Cadice terminai il carnevale bastantemente lieto.Ma mi avvidi alcuni giorni dopo esserne partito alla vol-ta di Cordova, che riportato n avea meco delle memoriegaditane, che alcun tempo mi durerebbero.Quelle feritepoco gloriose mi amareggiarono assai quel lunghissimoviaggio da Cadice a Torino, ch io intrapresi di fare d unsol fiato così ad oncia ad oncia per tutta la lunghezzadella Spagna sino ai confini di Francia, di dove già v eraentrato.Ma pure a forza di robustezza, ostinazione esofferenza, cavalcando, sfangando a piedi, e strapazzan-domi d ogni maniera, arrivai, assai mal concio a dir vero,a Perpignano, di dove poi continuando per le poste ebbia soffrir molto meno.In quel gran tratto di terra i duesoli luoghi che mi diedero una qualche soddisfazione,132Letteratura italiana EinaudiVittorio Alfieri - Vitafurono Cordova e Valenza: massimamente poi tutto ilregno di Valenza, che misurai per lo lungo sul finir dimarzo, ed era per tutto una primavera tepida e delizio-sissima, di quelle veramente descritte dai poeti.Le adia-cenze poi e i passeggi, e le limpide acque, e la posizionelocale della città di Valenza, e il bellissimo azzurro del dilei cielo, e un non so che di elastico ed amoroso nell at-mosfera; e donne i di cui occhi protervi mi faceano be-stemmiare le gaditane; e un tutto, insomma, sì fatto mi siappresentò in quel favoloso paese, che nessun altra terrami ha lasciato un tale desiderio di sé, né mi si riaffacciasì spesso alla fantasia quanto codesta.Giunto per la via di Tortosa una seconda volta in Bar-cellona, e tediatissimo del viaggiare a così lento passo, fe-ci il gran distacco dal mio bellissimo cavallo andaluso,che per essere molto affaticato da quest ultimo viaggio ditrenta e più giorni consecutivi da Cadice a Barcellona,non lo volea strapazzar maggiormente col farmelo trottardietro il legno quando sarei partito per Perpignano amarcia duplicata.L altro mio cavallo, il cordovesino, es-sendomisi azzoppito fra Cordova e Valenza, piuttostoche trattenermi due goirni che forse si sarebbe riavuto, loavea regalato alle figlie di una ostessa molto belline, rac-comandolo che se lo curavano e gli davano un po di ri-poso, rinsanito lo venderebbero benissimo; né mai piùne seppi altro.Quest ultimo dunque rimastomi, non lovolendo io vendere, perché sono per natura nemicissimodel vendere, lo regalai ad un banchiere francese domici-liato in Barcellona, già mio conoscente sin dalla mia pri-ma dimora in codesta città.E qui, per definire e dimo-strare quel che sia il cuore di un pubblicano, aggiungeròuna particolarità.Essendomi rimaste di più forse un tre-cento doppie d oro di Spagna, che attese le severe per-quisizioni che si fanno alle dogane di frontiera all usciredi Spagna, difficilmente forse lo avrei potute estrarre,sendo cosa proibita; richiesi al su detto banchiere, dopo133Letteratura italiana EinaudiVittorio Alfieri - Vitaavergli regalato il cavallo, che mi desse una cambiale dicodesta somma pagabile a vista in Monpellieri di dove mitoccava passare [ Pobierz caÅ‚ość w formacie PDF ]
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.Con esso io impara-va sempre qualche cosa, e tanta era la di lui bontà e tolle-ranza, che egli sapea per così dire alleggerirmi la vergognaed il peso della mia ignoranza estrema, la quale tanto piùfastidiosa e stomachevole gli dovea pur comparire, quan-to maggiore ed immenso era in esso il sapere.Cosa che,non mi essendo fin allora accaduta con nessuno dei nonmolti letterati ch io avessi dovuti trattare, me li avea fattitutti prendere a noia.E ben dovea essere così, non essen-do in me niente minore l orgoglio, che l ignoranza.Fu inuna di quelle dolcissime serate, ch io provai nel più inti-mo della mente e del cuore un impeto veramente febeo,di rapimento entusiastico per l arte della poesia; il qualepure non fu che un brevissimo lampo, che immediata-mente si tornò a spegnere, e dormì poi sotto cenere anco-ra degli anni ben molti.Il degnissimo e compiacentissimoabate mi stava leggendo quella grandiosa ode del Guidialla Fortuna, poeta, di cui sino a quel giorno io non aveaneppur mai udito il nome.Alcune stanze di quella canzo-ne, e specialmente la bellissima di Pompeo, mi trasporta-rono a un segno indicibile, talché il buon abate si persua-se e mi disse che io era nato per far dei versi, e che avreipotuto, studiato, pervenire a farne degli ottimi.Ma io,passato quel momentaneo furore, trovandomi così irrugi-nite tutte le facoltà della mente, non la credei oramai cosapossibile, e non ci pensai altrimenti.Intanto l amicizia e la soave compagnia di quell uomounico, che è un Montaigne vivo, mi giovò assaissimo ariassestarmi un poco l animo; onde, ancorché non misentissi del tutto guarito, mi riavvezzai pure a poco a po-co a leggicchiare, e riflettere, assai più che non avessi ciòfatto da circa diciotto mesi.Quanto poi alla città di Li-sbona, dove non mi sarei trattenuto neppur dieci giorni,se non vi fosse stato l abate, nulla me ne piacque fuorché131Letteratura italiana EinaudiVittorio Alfieri - Vitain generale le donne, nelle quali veramente abonda il lu-bricus adspici di Orazio.Ma, essendomi ridivenuta millevolte più cara la salute dell animo che quella del corpo,io mi studiai e riuscii di sfuggire sempre le oneste.Verso i primi di febbraio partii alla volta di Siviglia edi Cadice; né portai meco altra cosa di Lisbona, se nonse una stima ed amicizia somma pel suddetto abate diCaluso, ch io sperava di riveder poi, quando che fosse,in Torino.Di Siviglia me ne andò a genio il bel clima, ela faccia originalissima spagnuolissima che tuttavia con-servavasi codesta città sovra ogni altra del regno.Ed iosempre ho preferito originale anche tristo ad ottima co-pia.La nazione spagnuola, e la portoghese, sono in fattiquasi oramai le sole di Europa che conservino i loro co-stumi, specialmente nel basso e medio ceto.E benché ilbuono vi sia quasi naufrago in un mare di storture diogni genere che vi predominano, io credo tuttavia quelpopolo una eccellente materia prima per potersi addiriz-zar facilmente ad operar cose grandi, massimamente invirtù militare; avendone essi in sovrano grado tutti glielementi; coraggio, perseveranza, onore, sobrietà, obbe-dienza, pazienza, ed altezza d animo.In Cadice terminai il carnevale bastantemente lieto.Ma mi avvidi alcuni giorni dopo esserne partito alla vol-ta di Cordova, che riportato n avea meco delle memoriegaditane, che alcun tempo mi durerebbero.Quelle feritepoco gloriose mi amareggiarono assai quel lunghissimoviaggio da Cadice a Torino, ch io intrapresi di fare d unsol fiato così ad oncia ad oncia per tutta la lunghezzadella Spagna sino ai confini di Francia, di dove già v eraentrato.Ma pure a forza di robustezza, ostinazione esofferenza, cavalcando, sfangando a piedi, e strapazzan-domi d ogni maniera, arrivai, assai mal concio a dir vero,a Perpignano, di dove poi continuando per le poste ebbia soffrir molto meno.In quel gran tratto di terra i duesoli luoghi che mi diedero una qualche soddisfazione,132Letteratura italiana EinaudiVittorio Alfieri - Vitafurono Cordova e Valenza: massimamente poi tutto ilregno di Valenza, che misurai per lo lungo sul finir dimarzo, ed era per tutto una primavera tepida e delizio-sissima, di quelle veramente descritte dai poeti.Le adia-cenze poi e i passeggi, e le limpide acque, e la posizionelocale della città di Valenza, e il bellissimo azzurro del dilei cielo, e un non so che di elastico ed amoroso nell at-mosfera; e donne i di cui occhi protervi mi faceano be-stemmiare le gaditane; e un tutto, insomma, sì fatto mi siappresentò in quel favoloso paese, che nessun altra terrami ha lasciato un tale desiderio di sé, né mi si riaffacciasì spesso alla fantasia quanto codesta.Giunto per la via di Tortosa una seconda volta in Bar-cellona, e tediatissimo del viaggiare a così lento passo, fe-ci il gran distacco dal mio bellissimo cavallo andaluso,che per essere molto affaticato da quest ultimo viaggio ditrenta e più giorni consecutivi da Cadice a Barcellona,non lo volea strapazzar maggiormente col farmelo trottardietro il legno quando sarei partito per Perpignano amarcia duplicata.L altro mio cavallo, il cordovesino, es-sendomisi azzoppito fra Cordova e Valenza, piuttostoche trattenermi due goirni che forse si sarebbe riavuto, loavea regalato alle figlie di una ostessa molto belline, rac-comandolo che se lo curavano e gli davano un po di ri-poso, rinsanito lo venderebbero benissimo; né mai piùne seppi altro.Quest ultimo dunque rimastomi, non lovolendo io vendere, perché sono per natura nemicissimodel vendere, lo regalai ad un banchiere francese domici-liato in Barcellona, già mio conoscente sin dalla mia pri-ma dimora in codesta città.E qui, per definire e dimo-strare quel che sia il cuore di un pubblicano, aggiungeròuna particolarità.Essendomi rimaste di più forse un tre-cento doppie d oro di Spagna, che attese le severe per-quisizioni che si fanno alle dogane di frontiera all usciredi Spagna, difficilmente forse lo avrei potute estrarre,sendo cosa proibita; 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